Dispetto #21 – Le relazioni unilaterali
L’amore è un apostrofo rosa tra le parole t’amo, diceva Cyrano o Franco e Forte come ribadiva il buon Aldo.
La cosa più bella dell’amore è l’illusione di quello che sarà.
Quando questa illusione diventa un progetto allora è tutto fantastico, quando invece fa rima con delusione (qui i 4 trucchi per superarla) ci ritroviamo a leccarci le ferite.
A me è successo qualche volta di rimanere deluso. La migliore di tutte, se così si può dire, è stata una storia clandestina, dove Lei aveva una casa tutta sua, la mia prima storia da adulto. Una storia di non amore.

Negli anni dell’adolescenza ho avuto spesso fidanzate del mio paese. Solitamente succedeva d’estate, mentre facevamo gli animatori all’oratorio per i bambini.
Erano storie bellissime e io mi sentivo sempre il re del mondo quando stavo con loro. Di inverno invece, quando poi ci lasciavamo, ci provavo con quelle della scuola. Penso di averci provato almeno con due ragazze per classe senza mai riuscire a conquistarne una. Probabilmente ero più bello abbronzato.
Finita la scuola e gli anni in oratorio ero spaesato, tipo mi avessero disinstallato Tinder dalla vita. Non sapevo come fare e dove andare per conoscere nuove ragazze.
La prima ragazza fuori dal mio paese la trovai una sera d’estate del 2006, il giorno dopo la semifinale con la Germania, nel bar della villa comunale di Angri (SA).
Lei era di San Donato Milanese, io di Bergamo. Due persone che non c’entravano nulla con il contesto e forse per questo ci eravamo piaciuti. Inoltre lei somigliava a Violante Placido, per me una delle più belle donne d’Italia.
Passammo l’estate a scriverci, farci telefonate lunghissime. Era tutto idilliaco. Tornati a casa iniziammo una relazione a distanza. L’idillio finì bruscamente. Probabilmente perché d’estate ero più bello.
Addio mia piccola ViolantePlacido, resti una delle ragazze più belle con cui sia stato.
La mia nuova fiamma la trovai nell’ufficio accanto al mio. Sarà che quando stavo in comfort zone davo il mio meglio.
Veniva dalla Sicilia, aveva i capelli ricci e neri, un viso dolce che le incorniciava un sorriso difficile da fare emergere, ma quando veniva a galla era irresistibile. Non era molto alta, ed era bellissima.
Aveva un fidanzato da 7 anni, ma lui era rimasto in Sicilia.
Le diedi il mio numero di telefono con la scusa di offrirmi di darle un passaggio per andare al lavoro, dato che era di strada.
Mi scrisse un sabato sera mentre tornavo a casa dopo essere stato dalla mia piccola ViolantePlacido.
Mi ringraziava per gli mp3 che le avevo passato. Io approfittai per dirle se avesse voluto prendere una brioche con me, tanto in pochi minuti sarei stato a Bergamo. Accettò.
Passai a prenderla e andammo a mangiare in un posto che non ricordo.
Ricordo bene un abbraccio “disturbato dalla mia erezione” (frase che sognavo di mettere in un racconto dai tempi in cui l’ho letta su un Harmony).
Lei rise, io mi imbarazzai. Finì lì. O cominciò lì la nostra storia di non amore.
Poco dopo ci lasciammo dai rispettivi partner, io a inizio febbraio, lei il 14.
A San Valentino, il suo ragazzo era salito a posta per stare con lei e Lei lo lasciò. Probabilmente per me.
Un paio di settimane dopo tornando da una cena a casa di colleghi mi offrii di accompagnarla a casa e all’ultimo semaforo dissi: “Ti va di andare a fare un giro?”. Ovviamente rispose di sì, altrimenti l’articolo finirebbe ora.
Mi inerpicai con la mia panda verso il punto più alto della Valle Seriana, arrivando davanti ad un posto che sembrava fosse stato eretto in quel momento solo per noi.
Di quel momento ricordo solo Lei che si girò per baciarmi. Ogni tanto mi pizzicavo per controllare se stessi sognando.
Ero affascinato da Lei. Amava il buddismo, la meditazione.
Mi diceva di aver studiato economia per trovare il modo di distruggere il capitalismo con le sue stesse armi. Io pendevo dalle sue labbra. Qualsiasi cosa dicesse per me finiva sul Vangelo secondo Lei.
Una sera, io e Lei abbracciati a letto. Mi chiese di poter fare una domanda. Io mi aspettavo “Vuoi metterti con me”, perché non avevamo ancora ufficializzato la nostra relazione.
Nell’emozione dissi solo “Certo” con più affanno che voce.
Lei prese un respiro lunghissimo.
Sentivo il suo corpo riempirsi e svuotarsi di ossigeno. Attendevo i secondi che ci dividevano dall’essere due uscenti a due fidanzati.
Il cuore mi batteva all’impazzata.
Finalmente arrivò il suo sussurro al mio orecchio: “Tu, sei mai andato a puttane?”.
La domanda mi spiazzò, rimasi pietrificato.
Il mio unico pensiero in quel momento fu che Lei si sarebbe accorta dei miei battiti e magari avrebbe pensato io stessi mentendo. Ovviamente dissi di no. Sperando mi credesse.
Lei proseguì dicendo che era strano, perché io avevo la faccia di uno che va a puttane.
La grande fiammata del nostro amore durò più o meno un mese, da lì in poi ci furono solo i miei tentativi di essere il suo fedele più devoto.
Se Lei avesse voluto fare il pane fatto in casa io le avrei raccolto il grano per garantirle la farina migliore, tagliato gli alberi per darle ottima legna per cuocerlo.
Se avesse voluto del vino sarei andato a pigiare tutti gli acini di uva della Franciacorta, se lo avesse voluto siciliano sarei arrivato a nuoto oltre lo Stretto.
Come ogni religione anche il mio Leiesimo era dominato dal senso di colpa.
Non era felice? Mia colpa.
Voleva cambiare lavoro? Mia colpa.
Non sapeva fare la polenta coi funghi? Mia grandissima colpa
Ero praticamente sdraiato a pelle d’orso nel suo salotto.
Devoto come Troisi e Benigni con Savonarola “con la faccia sotto i tuoi piedi, senza chiederti nemmeno di stare ferma”.
Lasciavo la mia dignità appesa in camera e Lei poteva prenderla a pugni a suo piacimento.
Quando Lei cambiò lavoro io capii che l’avrei persa.
Ormai tutto stava finendo.
Era già abbastanza chiaro quando dai “Ti amo” Lei cominciò a dirmi “Sei poco più di un amico”. Non che ci volesse Sharlok Holmes per capirlo,
però la luce della fede mi dava ancora qualche speranza.
Io cercavo disperatamente di “restare sperando che ci sia quello che non c’è“, diventando ogni giorno sempre più patetico.
In una discussione al telefono il mio Nokia 3220 finì contro il muro del garage di un mio amico. Perdendo uno dei suoi preziosissimi gommini e metà del display.
Ci lasciammo su MSN, tra un trillo e un messaggio disperato. Mentre Lei ignorava i miei messaggi e io mettevo status tipo “Eri perfetta per me”.
Il giorno prima delle ferie.
Finì la nostra storia di non amore.
Piansi tantissimo, persi 8 kg quell’estate. Forse una delle poche estati in cui non ero più bello.
Iniziai a riprendere in mano la mia vita verso ottobre, quando fortunatamente una delle ragazze dell’oratorio con cui stavo mi fece capire il mio vero valore.
Una ragazza a cui voglio un gran bene, quella dell’oratorio, con cui avevo avuto le mie prime vere esperienze sessuali. Fu grazie a lei che capii una cosa.
Con Lei l’attività sessuale era praticamente assente, sarà che la idolatravo così tanto da non accorgermi di questa mancanza.
Lei non faceva e non si faceva fare nessun tipo di preliminare, non avevamo nessun tipo di intimità. Sembravamo sposati da 39 anni.
Quando questa cosa mi fu chiara pensai: ma davvero io sono stato male per questa storia di non amore?
Fu forse il mio dolore più grande, fino ad allora (cit Homer). Fortunatamente mi è rimasto solo il buono di quella storia.
Ora sono quasi ateo e non venero nessuno.
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Pasquale La Veglia says:
Grande Giò!