Dispetto #47 – I film mentali
“Io sono un timido”. In pochi ci credono quando lo dico, ma è la spudorata verità.
Maschero benissimo, con quell’egocentrismo tipico dei timidi. L’altro giorno ho detto ad una persona che io non andrei mai ad un JovaBeachParty – un po’ per le conseguenze ambientali – perché è un concerto che ti costringe a ballare e io in quei casi mi sento stupido. Penso siano tutti lì a guardare me e a dire “Guarda quanto è idiota quello”. Cosa che ovviamente non succede, ma io dentro sento questo e quindi non lo faccio.
Come tutti i timidi a volte vivo in un mio mondo, mi faccio i miei film. Potrei dire di essere un regista mancato.

Spesso mi capita di vincere delle discussioni che avvengono solo nella mia mente.
Il mio cervello si immagina la scena, i vestiti, i movimenti, quasi come Sherlock Holmes in combattimento. La differenza tra me e Iron Man prestato all’investigazione privata sta nelle cose: a lui succedono a me no.
Nelle discussioni vinte nella mia testa ho risposte brillanti, spiazzanti, l’interlocutore resta inebetito dalle mie parole. La verità è che se accadessero davvero quei dialoghi io sarei bello solo per Manuel Agnelli che canta Lasciami leccare l’adrenalina: vestito di lividi.
Allora stesso modo, se non anche molto di più, mi faccio grandi film mentali su come potrebbero andare incontri con ragazze.
Carico tutto di aspettativa, penso a quanto sarà bello. Mi sento Max Pezzali in Vorrei Farti Innamorare Tanto.
In terza media non avevo nessuna ragazza che mi piacesse. Uscivo dalla mia prima crush – qui te la racconto – e nel mia sognare avevo immaginato la mia ragazza ideale.
L’avrei vista uscire dal mare, bella e biondissima. La sera saremmo stati davanti ad un fuoco e lei avrebbe indossato un maglione bianco. Saremmo rimasti soli mentre gli altri sarebbero scomparsi in un metaverso sconosciuto e ci saremmo baciati.
Tutto perfetto, tutto mai successo.
Una sera tempo fa avevo deciso assieme ad una ragazza, che desideravo tantissimo, di vederci da lei, bere una bottiglia dei nostri vini preferiti, mangiare semi di zucca e alla fine qualcosa sarebbe successo.
Nella mia idea era tutto perfetto. “Il giradischi le luci rosse e poi champagne ghiacciato e la festa può iniziare ormai” per dirla come un’innocente evasione di battistiana memoria.
Arrivai da lei, salendo tutti i gradini di casa sua con il cuore in gola, fregandomene che lei abitasse all’ultimo piano senza ascensore.
La bottiglia di Falanghina, il mio vino preferito, in una mano e nell’altra i chili di desiderio che avevo per lei.
In casa sua cerco di contenermi, di riprendermi dalle scale, di cercare di gustare tutto quello che stava succedendo.
Il regista nella mia testa, invece, mi dava indicazioni ben precise. Mi aveva già detto che saremmo finiti in camera sua. Non riuscivo a godermi il momento, eternamente proiettato a qualcosa che sarebbe successo e volevo solo accadesse come avrei voluto io.
Dentro di me mi sentivo con la stessa intensità di Damien Rice pronto a cantare il finale di Remember.
Il regista mancato dentro di me si dimenticò però di dirmi che il cinema è finzione e avrei dovuto bere per finta.
Bevemmo due bottiglie di vino.
La nostra prima notte di amore finì con me più morto che vivo nel suo letto e lei in bagno a vomitare anche il pranzo di ferragosto del 1992.
Il film più bello l’ho fatto questa estate.
Come detto c’era una ragazza che mi piaceva molto, moltissimo.
Ci vedevamo e sentivamo poco, perché io ho sempre paura di essere di disturbo nella vita degli altri, immaginarsi nella vita di chi mi piace. Non faccio mai un passo in più per non essere quello “fastidioso”.
Le feci scoprire un gruppo musicale. Sapevo che per tematiche e per canzoni sarebbero potuti piacerle. Lei mi face scoprire questa canzone che ancora una delle mie preferite.
Decidemmo di andare ad un concerto assieme.
Quel concerto sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo visti. Lei poi avrebbe preso l’aereo per l’altra parte del mondo. Nella mia testa sarebbe dovuta andare così:
- aperitivo assieme
- concerto
- bacio romantico su canzone
- post concerto da me per una notte lunghissima di bellissime confidenze e coccole e tutto il romanticismo del mondo
- salutarci con la gioia e la malinconia
Le cose andarono in maniera leggerissimamente diversa.
Il giorno prima le scrissi: “Io sono libero dalle 19 se ti va, possiamo andare assieme”. La risposta fu qualcosa tipo: “No, sono in giro con i miei, vediamoci direttamente là”. Quindi aperitivo VIA.
Il giorno del concerto le scrissi: “Verso che ora arrivi?”. La risposta fu qualcosa tipo: “Sto un po’ male, verso le 20.45, ma dopo il concerto torno a casa”. Quindi post concerto da me per una notte lunghissima di bellissime confidenze e coccole etc etc VIA.
Capendo di rischiare anche il concerto le scrissi: “Ti passo a prendere, così non guidi?”. La risposta fu qualcosa tipo: “Sì, grazie mille”
Mi restava il tentativo di bacio sulla canzone romantica.
Il concerto iniziò presto per via della possibile pioggia, io già pregustavo il momento in cui mi sarei girato per cantarle quelle parole, farle capire quanto mi piacesse e sorridendole ci saremmo dati un bacio.
Però il concerto andava avanti e la canzone non arrivava. Infatti la canzone, quella canzone, non era in scaletta.
Quindi bacio romantico su canzone, VIA.
L’ultima speranza era dirle davanti al cancello di casa “Non ci vedremo mai più, non ha nessun senso, e quante volte ci siamo guardati negli occhi pensando che baciarci è una cosa stupida, lo vorremmo fare ma lasciamo stare. Eppure adesso non avrebbe conseguenze, tu mi mancheresti lo stesso, e sappiamo che tutto sarebbe impossibile quindi perché non farlo?”
Davanti a queste mie argomentazioni ineccepibili lei avrebbe detto sì e ci saremmo baciati.
Dalla mia bocca invece uscì solo un “Ciao, davvero…” con l’aria sconsolata di chi sa che è finita. Era davvero l’ultimo passo, il mio modo di dirle addio. Lei disse la stessa cosa. Sparì dietro il cancello.
Io mi ritrovi solo con un’altra storia buona da raccontare.
Se anche tu hai una storia da raccontare dimmela nel modulo contatti qui. Presto I DISPETTI VOSTRI.