Dispetto #29 – I freni emotivi
Nella vita sono sempre stato abbastanza fortunato con le ragazze – fa già ridere così, vero?
Dicevo, sono stato fortunato perché quando ho sentito di voler davvero una persona e mi sono impegnato perché quella diventasse parte della mia vita, sono quasi sempre riuscito nel mio intento.
Così ho avuto l’amore eternofinchédura, quello da tenere nascosto per paura degli sguardi della gente, quello con cui ballare ai concerti, ma solo una volta ho avuto un amore razionale.

Uno dei ricordi più dolci della mia vita è di quando avevo appena salutato la mia ragazza sul cancello di casa sua. Lei mi richiamò, io mi girai e vidi lei corrermi incontro per venirmi a dare un bacio. Avevamo 15/18 anni e tanto ci bastava per essere felici.
Una signora da un terrazzo ci vide e gridò “Ahh l’amore”. Noi ci girammo e sorridemmo. Poi ci baciammo ancora.
Ricordo quel momento perché è stata una delle poche volta in cui mi sono lasciato andare ad un’emozione così con un’altra persona.
Un’altra volta ricordo di essere stato in giro per Bologna e ad ogni angolo, ogni incrocio mi fermavo per dare un bacio alla ragazza che era con me. Ad un certo punto dovemmo darci una regola, cercare di fare almeno tre incroci senza fermarci per i baci.
Una scelta difficile, ma possibile che però fallì miseramente.
Volevamo solo stare attaccati l’uno all’altra in quel bisogno fisico di dimostrazione d’affetto.
Queste cose mi hanno sempre fatto credere di essere un fidanzato discretamente romantico e affettuoso.
In realtà quando l’ossitocina cala divento un orso.
Le mani restano in tasca, difficilmente mi lascio andare a baci o abbracci in pubblico. Insomma divento il Capezzone delle effusioni amorose. Questa definizione dovrebbe farmi capire quanto io stia sbagliando.
Quando le ragazze si accorgono che io non sono quel fidanzato pronto a portarle su un tappeto volante cantando “Il mondo è tuo, con quelle stelle puoi giocar…” volano i “non sei più quello di una volta”. Dovrei rispondere alla Manuel Agnelli e dire che io non sono mai stato l’uomo di una volta.
Sarei più sincero.
Un giorno perso nella memoria mi presentai ai miei compagni di classe con un sorriso smagliante. Loro parlavano io semplicemente ridevo, perché quel giorno avevo capito il significato di amare.
Non fu difficile come cosa, mi bastò ascoltare “Se ti tagliassero a pezzetti” di Fabrizio De André.
L’avevo scaricata il giorno prima da Emule e la ascoltai tutto il giorno.
Quella canzone ha dentro di sé il segreto del significato dietro a quel verbo difficilissimo.
“Ti ho detto dammi quello che vuoi io quel che posso”.
Fine.
Non c’è altro da aggiungere.
Con questa nuova consapevolezza mi affacciai all’estate e ai nuovi amori.
Non ho mai capito perché, ma d’estate da giovane mi sentivo più bello. Sarà perché passavo tutta la prima parte in oratorio e si sa che nel regno dei ciechi il guercio è re.
Facevo l’animatore per i centri estivi. Ero anche uno dei più esperti. Avevo il mondo ai miei piedi.
Per una serie di fortuiti motivi poi mi ero anche ritrovato a piacere a delle ragazze.
Ricordo c’era una ragazzina bionda – aveva 4 anni meno di me ed io avrei dovuto compiere i 18 di lì a poco. A inizio estate lei aveva avuto un mezzo flirt con mio fratello, suo coetaneo. Poi lo lasciò in malo modo.
Utilizzai la scusa della vendetta tra fratelli solo per baciarla e poi abbandonarla, ora a distanza di 20 anni posso dire che in realtà la baciai perché era oggettivamente stupenda.
Dopo aver folleggiato per un paio di mesi, capii che c’era una ragazza in particolare che attirava la mia attenzione.
Forse la mia attrazione fu più razionale che fisica.
Pensai: non è brutta, è molto intelligente, mi piace come persona. Quindi mi trovai a corteggiarla. Quasi fosse l’unica cosa giusta da fare.
Era una ragazza forse anche più timida di me, davvero difficile da capire o sperare che si aprisse un po’.
Pensai di non avere speranze con lei, nonostante il mio impegno.
In realtà lei aveva a che fare con i suoi piccoli problemi di cuore di cui non mi aveva mai detto niente.
Tranne una sera, in cui io ero fuori a cena con degli amici.
Lei mi chiamò e io corsi, mollai tutto solo per lei, era la mia occasione.
Parlammo tutta la sera, e non capii mai perché chiamò proprio me, ma forse, anche in quel caso, fu la cosa più giusta da fare.
Da quel momento iniziammo a sentirci tutti i giorni.
Iniziò a fidarsi lentamente di me, a capire che forse poteva nascere qualcosa tra di noi.
Sino a quando arrivò anche il momento del nostro primo bacio.
Divenne la mia FidanzataTimida.
Con FidanzataTimida vissi una storia di cui non ho mai ben capito il funzionamento.
Stavamo insieme, senza dubbio, però il sabato sera non uscivamo. Credo ci vedessimo solo il giovedì pomeriggio e qualche altro giorno della settimana.
I nostri sentimenti restavano sempre un po’ chiusi, quasi fosse un reato dirseli.
Ogni tanto un ti voglio bene. Forse una volta via messaggio è scappato un ti amo, ma fu un momento audace e fugace.
FidanzataTimida aveva anche tutto il diritto di essere così, perché oltre a prendersi un me razionale, si prese pure il me con il peggior gusto di sempre in fatto di regali:
- Completo turchese sciarpa, guanti e cappello
- Collanina con finta perla regalata in finta ostrica
- Ferma carte in cristallo visibile solo in alcuni studi notarili con l’arredamento anni 70
Un giorno eravamo su una panchina. Ricordo quel momento perché era la prima volta che ci vedevamo dopo le ferie.
Io e FidanzataTimida uno di fronte all’altra.
Non ci dicemmo nulla, quasi fossimo Marina Abramovic e Ulay al MoMa.
Io sorrisi, lei pure. Ci abbracciammo fortissimo.
Quei 20 giorni di lontananza annullati da quel gesto semplice e bellissimo.
Io le dissi: “Mi sei mancata”, mi sembravano le parole più dolci possibili.
Lei rispose un laconico “Capita”.
Rimanemmo comunque abbracciati.
Per i miei 18 anni decisi di organizzare il mio primo concerto.
In casa dell’amico rockstar, organizzammo un’esibizione. Le persone che erano venute alla mia festa non sapevano nulla, diciamo che le presi con l’inganno.
Fu una serata bellissima, molto commuovente. Ricordo di persone in lacrime per le nostre canzoni, una che alla fine mi disse “Tu farai qualcosa di storico prima o poi”.
Fu davvero la mia serata, uno dei miei compleanni più belli.
FidanzataTimida però non c’era. Quella sera, la sera dei miei 18 anni, alla mia festa, dove avevo organizzato l’esibizione della vita, lei era assente.
La scusa? Doveva cambiare le gomme alla vespa di papà.
La nostra fu la classica relazione in cui la scintilla sembrava non esplodere mai, imprigionati nel vivere un amore razionale, dimenticandoci totalmente dell’insegnamento di De André.
Forse non eravamo fatti per stare assieme. Sicuramente negli anni abbiamo funzionato meglio come amici. O meglio, lei si è sorbita gran parte dei mei momenti più bui. Vi ricordate chi mi ha aiutato dopo di Lei? Grazie ExFidanzataTimida, te l’ho mai detto?
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