Primi baci

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Dispetto #91 – Momenti di felicità

L’altro giorno, per preparare il solito sondaggio da fare su Instagram il Martedì, per farmi venire in mente tre argomenti, mi sono dato una traccia.
In quanto maschio bianco etero basico ho bisogno di un input per poter tirare fuori tre idee contemporaneamente. Per questo motivo ho pensato: scelgo un’emozione e poi racconto momenti in cui l’ho provata.
Idea geniale, ho passato circa mezz’ora a complimentarmi con me stesso e poi mi sono detto “Quale?”. La più semplice e banale. Parliamo di felicità.
Così eccomi a ricordare quando sono stati i miei momenti di felicità. I primi baci. Quelli dati una volta sperando sia il tuo ultimo primo bacio – per citare Hitch, lui sì che capisce le donne – e per spiegare che non farò una recensione alla fortunata (?) serie parigina anni 90.

ogni primo bacio è un fiore che sboccia

Ho un rapporto strano con la felicità. Non riesco a godermela. Sarà che come dice Tommy Paradise “dura un minuto” e io neanche la vedo passare, ma quando sono felice o mi sento tale provo altri due sentimenti almeno: il senso di colpa e l’attesa.
Mi sento in colpa perché penso sempre di non meritarmi di essere felice. Anche se provo a dirmi: “No, guarda che te lo meriti” il mio cervello ripesca dentro qualsiasi altra cosa abbia fatto di male in vita mia.
Così poi scatta l’attesa. Di cosa, si chiederà il lettore o la lettetrice attenta, della fine della felicità, rispondo io.

Attendo di vedere cosa andrà male, dove mi sono sbagliato nel credere di poter essere felice in quell’istante. La botta di adrenalina e tutti gli altri ormoni che dicono al cervello di essere felice prima o poi svaniranno. Devo solo attendere.
Io la vivo così, lontano da chi dice di farci caso quando siamo felici. Non ci riesco, non mi sento portato ad essere felice. Forse ho passato troppo tempo in oratorio, o forse è la reazione ad aver pensato per almeno 27 anni della mia vita che tutto mi fosse dovuto. Adesso penso non mi sia dovuto niente.

Ogni tanto, magari dopo uno spettacolo o dopo che mi viene chiesto di fare questa o quella intervista o presentazione il mio pensiero è sempre: “Sono fortunato”. Non penso alla formazione che mi sono pagato, alla gavetta, ai km in auto per raggiungere posti impossibili, alle ore in sala prove. No, io penso solo: “Va beh mi riesce facile, non è che mi sia meritato qualcosa”.
Proprio per questo è veramente difficile per me dire: “Quella volta ero felice”. Certo posso ricordarmi la mattina del mio matrimonio in cui andando a comprare gli ingredienti per il mojito cantavo Bagatelle a squarcia gola. Mica era una felicità meritata, infatti è bastato aspettare 3 anni…

Una volta, ricordo bene questa scena, mi frequentavo con una ragazza, eravamo giovani, talmente giovani che durante le vacanze estive io avevo dovuto fare lo stage per la scuola.
Un giorno le chiesi di venire con me sul posto di lavoro per ritirare dei documenti di fine stage.

Fuori dall’ufficio c’era un parco, così su una panchina, senza capire come ci iniziammo a baciare. Ricordo solo di aver chiuso gli occhi e di essermi ritrovato con le labbra incollate alle sue. Niente di più facile e naturale.
Quello che ricordo bene è cosa feci sul bus per tornare a casa, mentre ero solo. Mandai un messaggio alla mia migliore amica dell’epoca, le dissi cosa fosse successo e che aspettavo di tornare a casa per essere deluso.
“Adesso sto da 10, so che stasera sarà 5”. Questo il messaggio che mandai.

Poco tempo fa mi capitò di avvicinarmi ad una persona. Di cui ho già parlato tra le righe di questo blog.
Sul suo telefono ero, e sono, salvato come Giò il Marpione. Perché una delle prime volte in cui ci siamo visti io dissi semplicemente ad un certo punto: “Questo non è il momento di limonare?”. In realtà in quel momento era più un gioco che altro, oppure da qualche parte nel mio inconscio già sapevo che avrei voluto arrivare a quello. (L’articolo si chiama primi baci, sapete come va a finire, ma non sapete il resto!)

Iniziammo a sentirci, e con il tempo avvicinammo sempre di più. Un giorno eravamo a fare un aperitivo e quando ci alzammo dal tavolo per andare a pagare lei mi prese e mi diede un bacio sulla guancia. Di quelli che fanno rumore.
Non so perché io abbia piantata in mente quella scena. In realtà non posso ricordare molto, perché fui colto alla sprovvista. Nella mia testa io questa immagine la vedo da fuori. So solo che mi deve essere scappato il sorriso di quando non vuoi far vedere quanto ti stia piacendo una cosa ma non riesci a trattenerti fino in fondo.

Una sera venne a casa mia. Era evidente che entrambi volessimo vederci. Nei messaggi del pomeriggio era tutto uno scrivere “Ma stasera sei libera?” e poi cancellare, poi lei mandò il messaggio “è la terza volta che penso di chiederti di vederci ma cancello”. Insomma c’era una tensione diversa da quella della prima volta in cui mi ero guadagnato il soprannome di marpione.
Prendemmo cibo da asporto, sul divano di casa mia a guardare la tv. Nelle mie storie di primi baci c’è sempre un divano. Buttandoci sul trash di 4 matrimoni e poi un film di Checco Zalone.

Eravamo abbracciati, sembrava quasi inevitabile dovesse succedere qualcosa. Guancia, guancia, bacio a stampo. Io fermo, con lo stesso sorriso dell’aperitivo. In quel momento pensai: “Ok, se faccio finta di niente, se non dico nulla può essere non sia mai successo e lei non si alza e se ne va”.
Subito dopo stesso ritornello, guancia, guancia, bacio un po’ più intenso. Stessa mia reazione. “Trattieniti, non lasciarti andare, questa felicità tra poco svanisce, ricorda tra poco svanisce”. Poi ci guardammo negli occhi, sorriso, niente più guance. Solo un bacio lungo tutta la sera.

Di quella sera ho solo una foto, ai resti del cibo da asporto che avevamo preso, sul tavolino Lack nel mio soggiorno.
Feci quella foto pensando: “Vorrei tanto non avere più primi baci”. Poi mi sentii in colpa e mi misi in attesa. Qualcosa sarebbe successo.

Tu ricordi dei momenti di felicità legati ai primi baci?
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Altri post sull’argomento: il mio primo bacio, ogni lasciata è persa

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