la prima canzone d'amore

La prima canzone d’amore

Tempo di Lettura: 4 minuti

Dispetto #68 – Il cringe

È arrivato Sanremo quindi bisogna parlare per forza di canzoni.
In realtà in questo momento, quello in cui scrivo, non ho ancora avuto modo di ascoltare una sola delle canzoni in gara quest’anno, ma perché per me quella di Sanremo è una settimana dedicata al Festival e questo articolo lo sto scrivendo in scandaloso anticipo e non la sera prima della pubblicazione come puntualmente accade tutte le settimane.
Però si parla di musica e io ho già le chat piene di pronostici, idee, battute, meme. Per scrivere questo articolo mi sono messo in modalità aereo, come quando scrivo le canzoni. Come quando scrissi la mia prima canzone d’amore.

prima canzone d'amore
avrei voluto inciderla la mia prima canzone d’amore

Da quando sono piccolo mi hanno convinto che le canzoni siano solo ed esclusivamente d’amore. Sempre l’uomo che le scrive per corteggiare una donna. C’è un maschilismo nella musica italiana che ne bastarebbe la metà.
Inoltre siamo tutti convinti che le canzoni siano sempre d’amore anche quando non lo sono. Sappiamo tutti che Masini “Bella Stronza” non potrebbe mai più scriverla. Siamo ancora qui a giudicare la BS che preferiva andare in giro sul Ferrari degli “Esseri arroganti” e non apprezzava la spilla regalatale da Marco.
Marco, ti dobbiamo dire la verità. Piuttosto che andare in giro con uno che regala una spilla ad una ragazza io andrei in giro anche sulle bici-monopattino degli Hamish. Pure a mia nonna farebbe cagare una spilla per regalo!

Oro” di Mango. Tutti quanti pensiamo sia una canzone bellissima e di un romanticume bestiale.
In realtà lui dice: “Quanto oro ti darei, per vederti così, distesa nuda. Ma tu ci stai? Perché accetti e ci stai? Perché non ti elevi sopra di noi”.
In poche parole il buon Pino si lamenta del fatto che lei ci stia, che non gli abbia fatto storie, che non abbia accettato pagamenti.
Forse lui era abituato ad altre donne, tipo Il professore in “Memoria delle mie puttane tristi”, intento a convincerle tutte a farsi pagare. Anche quelle non del mestiere.

Il mondo della musica italiana vive di questo maschilismo. Con la donna oggetto e l’uomo costretto ad inseguire. A ritornare in ginocchio da lei.
La mia educazione sentimentale è stata per molto tempo plagiata da questi esempi. La mia idea, come detto altre volte, era quella che bastasse un grande gesto, un corteggiamento plateale per farla cadere tra le mie braccia.
Era la cosa più ovvia del mondo. Basta una canzone d’amore per far innamorare una ragazza.

Ho pensato di scrivere canzoni d’amore ancora prima di imparare il giro di do.
Avevo la chitarra da poco. Era un regalo per la promozione in terza media, che mio padre mi fece.
Ricordo me la fece trovare in camera con un biglietto “Auguri Zio Gio”. Disse che “Zio” lo aveva messo per omaggiare anche Pino Daniele, all’epoca mio riferimento della musica, che da tutti veniva chiamato Zio Pino.

Sapevo fare solo gli accordi, forse solo i maggiori e minori, già sulle 7 e le diminuite avevo dei problemi.
La prima canzone che imparai a suonare fu “Ti amo” di Tozzi. La imparai grazie ad un canzoniere Carish preso in biblioteca sul quale ho imparato la stragrande maggioranza delle canzoni italiane. Avevo un quadernetto sul quale avevo copiato tutte le canzoni che mi interessavano. Iniziai con “Ti amo”, poi avevo messo “Dieci ragazze per me”, “E penso a te…” e tutte queste canzoni di amore straziato.

Quando iniziai a strimpellare la chitarra anche volendo parlare di amore mi ritrovavo nella stessa situazione del protagonista di Moulin Rouge!, io volevo parlare d’amore ma non ero mai stato innamorato. Proprio come lui, con questo desiderio Bohemienne di amore da scrivere, ma senza nulla di cui parlare.
Poi fortunatamente arrivò l’estate del mio primo bacio e il mio amore per SophieMarceau.

Un amore fatto di schede telefoniche da diecimilalire, andando nella cabina del paese accanto per non essere scoperto dai miei genitori – come se facessero la ronda, e “Scusamirestanosolo200liretrapococadelacomunicazione”.
Un amore fugace, nato e morto in due mesi. Ci ghostammo, senza neanche sapere davvero cosa significasse. Perché non c’erano social e non avevamo i cellulari.

Un giorno, in prima superiore, ero a casa del mio amico Vaera a fare i compiti quando a lui venne la brillante idea: “Scriviamo una canzone”.
Mica andiamo su un sito porno, usciamo e conosciamo ragazze, facciamo qualsiasi cosa che due 15enni nell’anno 2000 di nostro Signore possano fare. No, scriviamo una canzone. Senza nessuna conoscenza di armonie, scrittura, testi.
Io però pensavo di avere tutto: una chitarra, gli accordi, un amico che mi chiedeva di farlo e, soprattutto, un amore andato male.

Ne uscì un prezzo bruttissimo. Si chiamava “Alla mia droga”. Il ritornello diceva “Tu non saiiiiiii come maiiiiiii perché non ti parlo piùuuuu/come maiiii non lo sai tuuuuu”. Vien da dire ad una prima analisi: non lo sapeva e probabilmente se ne è anche sciacquata un po’ le balle del perché io non le parlassi più.
Il culmine della mia poetica però lo toccai con “La mia droga eri tu, ma ora non mi drogo più. Ero quasi in overdose, un’overdose di te, che ora nel sangue non c’è…” e via di ritornello.

Per amore di cronaca io la mia prima canna l’ho fumata a 23 anni. Il primo bicchiere di alcol l’ho toccato a 18 anni. Mi sembra evidente che io non possa dare la colpa delle mie parole a nessuna sostanza stupefacente.
Semplicemente la mia prima canzone faceva schifo. A pensarci mi sale il cringe.

A te cosa fa salire il cringe? Dimmelo nei commenti e condividi questo articolo se ti è piaciuto.

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