Dispetto #17 – I colloqui di lavoro
Nella mia vita posso dire di aver cambiato più lavori che fidanzate, un po’ perché di fidanzate ne ho avute poche un po’ perché sono un irrequieto cronico, così dopo un poco mi stanco e cerco sempre qualcosa di nuovo.
Questo mi ha portato a fare molti colloqui di lavoro, imparando a farne un’arte. Come sempre ogni colloquio finisce con la frase “Le faremo sapere”.

I primi colloqui di lavoro della mia vita li ho affrontati con l’incoscienza di un bambino. I miei outifit da colloquio svariavano dal vestito del battesimo di mio cugino alla camicia presa per la festa delle scuole in discoteca.
Alla fine del primo colloquio serio la responsabile mi disse: “Potresti venire vestito un po’ meno casual?”
Nonostante questo mi presero.
Da quel momento in poi mi convinsi di poter passare tutti i colloqui a cui avrei preso parte. Il primo fu talmente facile per me che gli altri sarebbero stati una passeggiata di salute.
In realtà negli anni ne ho combinate di ogni tipo. Per la leva civica mi dimenticai totalmente del colloquio, il giorno dopo arrivai con un’ora di ritardo.
Un’altra volta presi appuntamento per le 12.00 e mi presentai alle 12.20 dicendo “Scusi, sono in malattia, avevo paura dei controlli”.
Inspiegabilmente non mi presero.
Negli anni 00 il mio sogno era di lavorare in banca. Mandavo CV e qualche volta venivo richiamato.
Non mi presero mai. Forse anche dovuto al fatto che di quei colloqui ricordo solo delle ragazze lì presenti a cui avevo chiesto di darmi il numero di telefono. Anche loro non mi presero mai, senza nemmeno dire “Le faremo sapere”.
Quando rimasi senza lavoro nel 2008, per farmi assumere da McDonald’s inventai di voler tornare a studiare, e di accettare un lavoro part time per abbassare il mio reddito da impiegato. In realtà avevo paura che vedendo il mio curriculum da impiegato non mi avrebbero mai assunto. Mentii spudoratamente, ma fu la svolta per tutti gli anni successivi.
Due anni dopo il colloquio per BRT fu facilissimo. Il selezionatore era un amante dei prodotti McDonald’s e io parlai solo di quanto fosse bello lavorare in quell’ambiente, ma di volere il sabato e la domenica liberi.
Lui mi chiese: “Ma si può mangiare gratis?”, “Come è la pulizia?” e tutte le curiosità del caso.
Mi guardava con l’acquolina in bocca, al posto del mio viso vedeva un doppio cheese-burger. Decise che ero l’uomo adatto per loro, non so se per merito mio o dei panini da me rappresentati.
Il secondo colloquio fu ancora più facile, in filiale. Praticamente arrivai lì e il capo filiale mi disse: “Quello di Bologna mi ha detto che sei il miglior candidato, io non ci capisco niente, quindi assumo te”.
Nel 2014 feci un colloquio in un’agenzia interinale. La selezionatrice mi parlò degli Happy Meal del sabato pomeriggio dei suoi bambini, un must. Lei preferiva panini leggeri, tipo il McChicken mentre suo marito prendeva sempre il Big Mac o Big Tasty.
Mi chiese: “Ma si può mangiare gratis?”, “Come è la pulizia?” e tutte le curiosità del caso.
Le entrai così in simpatia che due settimane dopo il nostro primo colloquio mi chiamò, senza che io mi candidassi, per mandarmi in un’azienda dicendomi: “Ho parlato benissimo di te, sono affascinati dall’esperienza di McDonald’s“.
Mi presero anche lì.
Poco tempo fa ho fatto un colloquio per un’importante azienda alimentare italiana. Una di quelle con una storia centenaria. Per questo arrivai preparatissimo al colloquio.
Prima del colloquio andai anche dal barbiere a sistemare la barba, nonostante avessi dovuto tenere la mascherina per tutto il tempo.
Appena arrivato in portineria non sapevano dove farmi andare, io feci notare che ero lì per un colloquio e quindi forse sarei dovuto andare negli uffici, loro mi fecero aspettare per verificare.
Aspettai mezz’ora alle 17.30 del pomeriggio sotto il sole, il 28 luglio. Sudava anche la mia ombra, e i coccodrilli delle magliette si buttavano nei bicchieri di granita al tamarindo. (cit)
Superata la prima fase io e la mia ombra sudata andammo verso la palazzina degli uffici. Appena entrati l’aria condizionata colpì duro, la mia ombra iniziò a starnutire e tornò fuori.
Rimasi solo, abbandonato dalla mia ombra come Peter Pan.
Dopo circa 15 minuti arrivò il responsabile del personale, un uomo caracollante, con un alone grigio, sembrava un soprammobile impolverato.
Parlava con una cadenza di una parola al secondo, intervallata da due secondi di pausa. Non lo faceva perché era lento a parlare, semplicemente stava guardando il telefono.
Io cercai di far arrivare il mio messaggio, il mio storytelling, lui ad un certo punto mi guardò e disse: “Scusi, ha bisogno del bagno, stanno per chiudere”.
Mi sembrava di essere in un locale alle tre del mattino quando i camerieri mettono le sedie sopra i tavoli e ti stanno facendo capire di fare Baglioni.
Rientrato in quella saletta lo trovai con il telefono attaccato agli occhi e gli occhiali sopra la testa.
Provai a riprendere il filo con un “Dove eravamo rimasti?”, lui mi guardò e mi disse “Lei ha lavorato da McDonald’s?”.
Lui era un tipo da toast, perché “quelli di McDonald’s sono i migliori, anche meglio di quelli prodotti da questa azienda”.
Mi chiese: “Ma si può mangiare gratis?”, “Come è la pulizia?” e tutte le curiosità del caso.
Raccontai la mia esperienza, lui finalmente mi stava dando attenzione. Esaurito il racconto su quell’esperienza lui tornò nella sua modalità impolverata, mi congedò con il più classico dei “Le faremo sapere”.
Poco tempo dopo mi richiamarono chiedendomi un secondo colloquio perché avevo molto ben impressionato nel primo. Per diversi motivi non accettai.
Negli anni ho capito che fare colloqui è un’arte. Cercare di far diventare la frase “Le faremo sapere” in “Ci faccia sapere se accetta il ruolo in questa azienda” è come dipingere un quadro. Ci sono alcuni punti fondamentali:
- Vestirsi bene
- Studiare uno storytelling adeguato alla ricerca di lavoro
- Arrivare puntuale in maniera tale da non trovare scuse idiote
- Controllare il sito dell’azienda prima del colloquio
Non credo esistano ricette sicure al 100% per farsi assumere.
Ho capito però che si possono fare molte cose perché ciò avvenga.
Per me una è sicuramente dire di aver lavorato per il più grand fast food del mondo, le altre le ho imparate da questo libro. Proprio per non sentirmi mai più dire “Le faremo sapere”.
Ps: Sì può mangiare gratis entro certi limiti, i livelli di pulizia sono superiori a quelli di molte ristoranti e trattorie. Per le altre curiosità ci sentiamo
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Diana says:
Io a 18 anni durante le vacanze estive mi presentai per un lavoro stagionale da cameriera dicendo che io non cercavo mica UN lavoro qualsiasi ma IL lavoro, ecco perché ero lì (a candidarmi per fare la cameriera 😂).
Non riesco a togliermelo dalla mente però mi presero sai, talmente ero convinta… 😂
Mi promossero pure a fare i cocktail a fine estate… a quanto pare la determinazione ripaga sempre 😄
giofattoruso says:
Ciao, sicuramente la determinazione nel voler trovare un posto di lavoro fa la differenza in fase di colloquio
Marco da Palermo says:
Ciao Giovanni, non hai spiegato perchè hai rifiutato l’ultima offerta di lavoro. Non sei un irrequieto cronico? Il libro lo hai letto veramente?
Io sono un tipo da McBacon. Mi piace il McBacon.
Grande Giò! Continua Cosi!
giofattoruso says:
Ciao,
perché cambiare deve far rima con migliorare, e in quel caso non era così
Il libro l’ho letto e lo consiglio
Sull’irrequieto direi di sì, c’è anche una grafologa che me lo ha confermato
Frank says:
“Se la vita di da limoni fanne limonata!” Hai ottimizzato al massimo la tua esperienza al McDonald’s, sei stato grande!
Se ai recruiter piace la tua storia lì raccontagliela come solo tu sai fare, con sagacia e un pizzico di ironia.
Ti abbraccio e ti faccio i complimenti!
PS: concordo con Marco da Palermo per il McBacon =D
giofattoruso says:
Grazie mille Frank!
Noemi says:
Che avventure! Sicuramente devo dare un’occhiata al libro.
Anche io non sopporto “le faremo sapere” ma poi penso che magari questa porta chiusa ne apre un altra adatta a me.
giofattoruso says:
Ciao Noemi,
anche io penso e spero sempre di trovare qualcosa di più adatto a me, con il tempo ho iniziato a prendermi il lusso della scelta
Il libro lo consiglio vivamente, e ti auguro di trovare presto la tua strada
Cristian says:
Io sono sconvolto dal fatto che nel 2021, forse oramai anche 2022, ci sia ancora qualcuno che, non solo non ti permette di arrivare al punto “le faremo sapere”, ma nemmeno prende in considerazione il buon senso di congedartina distanza con educazione, avvallando l’indifferenza, appellandosi al concetto “la non risposta é già una risposta”. Che poi, per me, la non risposta é da stronzi. Ma questa è un’altra storia.
giofattoruso says:
Ciao,
anche io penso che la non risposta sia abbastanza ineducata.
Basterebbe una mail proforma con scritto “Non ti prendiamo”
Qualcuno ha iniziato a farlo, molti ancora no