Dispetto #81 – Un amore di 5 giorni
Come ormai consuetudine sulla mia pagina Instagram ho fatto il sondaggio su quale potesse essere l’argomento di cui parlare questa settimana.
Ne ho messi due di cui avrei voluto parlare e uno più leggero.
Uno dei due più “pesi” era il mio rapporto con Dio o dio.
L’altro era parlare del fatto che sono timido. Anche se ho un blog dove racconto tutti i fatti miei.
Invece ha vinto “un amore di 5 giorni”. Perché il gossip vince sempre, lo sappiamo.
Un amore rapidissimo, come dice Tiziano: l’amore va veloce.

L’amore perfetto, il più grande di tutti, è sicuramente quello tra Romeo e Giulietta.
Facendo un breve riassunto di questo grande amore la storia è più o meno questa: Montecchi e Capuleti si odiano. Il motivo è semplice, i genitori facevano a gara a chi ce l’aveva più lungo e volevano essere i più potenti di Verona. Il patriarcato che muove il sol e le altre stelle.
Romeo ha 13 anni, innamorato pazzo di una Capuleti, Rosalina. Quest’ultima è però irraggiungibile per via di un voto di castità.
Per questo il nostro eroe è depresso; “E quest’umor nero gli sarà fatale, se un giusto consiglio non riuscirà a curarne la causa”, citando papà Montecchi che ligio al patriarcato non pensa nemmeno che il giusto consiglio debba arrivare da lui, lasciandolo così nelle sagge mani dei suoi amici 13enni.
Gli amici 13enni di Romeo, dopo aver conseguito un master in empatia, lo portano nell’unico posto dove sarebbero stati certi di incontrare l’irraggiungibile Rosalina: casa Capuleti. Lui da lontano intravede Giulietta, se ne innamora, limonano. Dopo il limone si presentano e scoprono di essere di famiglie rivali.
Presi da questo sentimento i nostri vanno dal prete e decidono di sposarsi, che solo certe notti a Las Vegas.
Il prelato davanti a due bambini neanche adolescenti al posto di pensare: “Tornate a casa, evitiamoci sta pazzia” si convince che sposarli sia proprio una bella idea. Le due famiglie farebbero sicuramente pace a questo punto.
In questo trionfo di educazione montessoriana i due si sposano. Lui per festeggiare al posto di andare a spaccarsi di spritz come ogni buon veronese, accoltella il cugino di lei quasi fosse un personaggio di Mare Fuori. (A dire il vero citando Ferretti “Non mi sembra che questa serie sia ambientata in Cambogia”).
Passano una notte assieme, poi lui scappa dall’IPM Veronese, quando torna vede lei morta, si ammazza, lei si sveglia lo trova morto e si ammazza.
Riassunto: due 13enni arrappati, che si danno due baci e stanno assieme una notte, muoiono. Per un totale di 5 giorni.
Se un amore di 5 giorni è quello perfetto, signora mia, anche io ho da dire qualcosa.
Era Maggio o Giugno del 2002. Me lo ricordo perché stavo iniziando a riprendermi da uno dei miei primi periodi bui, quello dopo il quale sono diventato grande all’improvviso.
Ero in città alta con degli amici, forse avevo bevuto un po’. Incontrai per caso delle vecchie amiche, tra cui una mia compagna delle elementari brasiliana. Era un po’ di tempo che forse ci inseguivamo, con un rapporto che aveva un sottotema di “quasi quasi limoniamo”.
Sarà stato il sottotema, o i troppi cocktail, ma scendendo iniziammo a baciarci. Una cosa talmente senza senso che le altre persone con noi ci chiesero “Ragazzi, ma state bene?”. Io ricordo la risposta di lei, quella che certificava il suo stato di salute: “Certo che sto bene, cioè se guardo questo palo so che è un palo”. Signora mia, se so che un palo è un palo, allora sto bene.
Con questa convinzione ci siamo dati appuntamento il giorno dopo. E da sobri, camminando a piedi verso il centro di Bergamo, sentivamo di recuperare tutto quel tempo che avevamo perso dalle elementari ai 17 anni.
Io e LaCompagnaBrasiliana ormai eravamo lanciati, perché se l’amore va veloce noi non volevamo certo restare indietro.
Così dopo quel weekend così bello, passammo il Lunedì a mandarci sms. Non troppi, perché si pagavano.
Anche se onestamente l’ombra del dubbio un po’ si stava insinuando in me. Avrei dovuto fare come Romeo, andare da un prete con lei e sposarci per far fare pace alle nostre famiglie. Le nostre famiglie non avevano litigato e non lo feci.
Il Martedì, il terzo giorno, quello in cui Romeo scappa, io andavo incontro alle mie responsabilità.
Scrissi su C6 – chat gloriosa e troppo poco ricordata – ad una delle due amiche che erano con noi in città alta tre giorni prima. Lei mi confermò che il mio dubbio era lo stesso che aveva LaCompagnaBrasiliana. Entrambi pensavamo di aver fatto una cazzata.
Così presi coraggio e le mandai un sms: “Ci vediamo domani davanti alla chiesa?”. Lei capì che non era una proposta di nozze.
Ci vedemmo il giorno successivo, il quinto giorno. Il culmine della tragedia Shakespeariana avrebbe voluto che entrambi finissimo morti. Noi dicemmo solo: “Hai sentito XXX?” “Sì, anche io ho parlato con XXX” “Ok, abbiamo fatto una cagata?” “Massì, andiamo a bere un caffè?” “Va bene”.
Finì il nostro amore veloce, senza colpo ferire. Come una folata di vento arrivò e se ne andò. Io e LaCompagnaBrasiliana se capita ci sentiamo, ci raccontiamo qualcosa.
Romeo e Giulietta, invece, se fossero sopravvissuti, a 40 anni, dopo anni assieme, li avremmo trovati sulla strada del rientro dopo aver trascorso il Natale a casa Capuleti dove lo zio di Giulietta, nonchè papà di Rosalina, aveva la tipica abitudine di urlare “ambo” al primo numero estratto della tombola. Lui alla guida della sua Alfa Romeo Giulietta – virtuosismo – mezzo brillo dal troppo Amarone della Valpolicella e il risotto al tastasal che scende e sale nello stomaco.
Lei muta. Lui le chiede cosa c’è. Lei muta. Lui insiste.
Lei cede e dice: “Potresti togliere gli occhi di dosso a mia cugina Rosalina. Lo sanno tutti che stai con me solo per il suo voto. Perché con lei il problema era il voto, non che fosse Capuleti. Con me subito, appena ti ho baciato hai tirato fuori la scusa delle famiglie. Lo so che non mi ami, lo so, lo so…”. Lui, guardandola di striscio, riesce a biascicare solo: “Aveva ragione mio nonno a volervi sterminare tutti voi Capuleti”.
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