Dispetto #86 – La felicità non è una truffa
L’anno scorso di questi tempi ero un ragazzo più magro e spensierato di quello che sono oggi.
Per la prima volta in vita mia avevo fatto quello che sugli account di Instagram viene detto: “Ho deciso di essere felice”. Però senza post passivo-aggressivi nei confronti di tutti quelli che non hanno mai creduto in me.
Avevo un lavoro che non mi faceva felice, lo lasciai. Una pazzia, ma anche un atto di amore nei miei confronti.
L’unica cosa che mi mancava era però l’amore verso altri.
Dopo aver finito la storia in cui ho scoperto di essere stato lasciato non avevo più nessuna che occupasse i miei pensieri. Non c’era nessuna ragazza che mi facesse brillare gli occhi, per cui abbracciare il cuscino e sognare un tempo assieme o fare stories private sperando lei le guardasse. Fino a che non ho conosciuto la più bella friendzone della mia vita.

Con il tempo ho maturato una consapevolezza: se sei una persona interessante non è fondamentale che tu stia nella mia vita solo se limoniamo o andiamo a letto. Se sei una persona arricchente io ti voglio nella mia vita, perché mi starai rendendo migliore.
Sempre lo scorso anno i ragazzi di Pinocchio DeeJay mi chiamarono perché avevo mandato un messaggio. La Vale mi fece una domanda: “Ma tu cosa cerchi in una ragazza?”. La risposta che avrei voluto dare era: “Non cerco niente. Perché se volessi qualcosa in particolare quel qualcosa lo vedrei anche dove non c’è“.
Penserei a quanto sono fortunato a stare con una persona che mi tagga nelle Instagram stories davanti a una pasta e fagioli. Una persona che sa ascoltarmi solo perché non ha sbadigliato davanti ad un mio monologo sui miei imminenti 40 anni.
In questa bolla di fatalismo e consapevolezza ho affrontato tutti gli incontri dell’estate scorsa. Anche quello con la più bella friendzone della mia vita.
Ci siamo incontrati per caso ad uno spettacolo di improvvisazione teatrale, grazie ad amici comuni. Abbiamo parlato, tanto, già la prima sera. Le ho chiesto il numero o un contatto social quella volta? Certo che no. Però mi suggerì la canzone di un gruppo che stava ascoltando. Questa.
Ci siamo rivisti un’altra volta, a bere una birra con gli amici di cui sopra, abbiamo scherzato, riso e parlato, tanto. Poi le dissi che avevo trovato molto di lei, o di quello che avevo capito di lei, nella canzone suggerita.
Le ho chiesto il numero o un contatto social? Certo che no, ma avevo scoperto il suo cognome, potevo cercarla io.
Riuscii ad aggiungerla sui social, a sentirla via messaggio. Le chiesi di andare a prendere un gelato, manco fossi Secco di Zerocalcare. Lei mi disse di essere impegnata, ma essendo una persona educata aggiunse: “Se vuoi sono libera Mercoledì”, alle 17.30.
Mercoledì pomeriggio alle 17.30. Come nei film, nel senso che non sai mai perché a orari lavorativi in settimana i protagonisti si possano incontrare, ma in quel caso era chiaro: io ero disoccupato e lei stava ancora studiando.
Ci trovammo alle 17, io pensavo di essere in anticipo, lei invece era già lì. Arrivai, la trovai che stava leggendo un libro. Una di quelle scene che vedi solo al cinema o nei reels con il voice-over di Francesco Sole che dice frasi tipo “Una donna è come una mamma, solo più giovane” solo per vendere il suo libro.
Decidemmo di prendere un caffè, prima del gelato.
Alle 17:12 mi disse di essere uscita da poco da una storia di 11 anni. In quel preciso istante vidi tutte le mie buone intenzioni di seduttore ridere di me comodamente sedute su una sdraio, ma io mi dicevo: “Cosa te ne frega, quanto ti piace starci a parlare?”. Infatti parlammo, tanto.
Dopo il caffè prendemmo anche un aperitivo, sempre nello stesso posto, sempre prima del gelato. Poi decidemmo di andare in un pub poco distante, per ripararci dalla pioggia imminente.
Il gelato ci aspettava ancora, ma noi incuranti continuammo a parlare, tanto. Ad un certo punto, non ricordo perché, dissi: “Se non hai visto questo film adesso andiamo a casa mia e lo guardiamo subito”.
Lei disse di sì. Le mie buone intenzioni di seduttore per un attimo furono riallertate, per poi tornare a sedere quando mi diede una delle risposte più belle: “A casa tua vengo, ma non guardiamo il film, mi sta piacendo tanto parlare”.
Salì in casa, poteva succedere di tutto, successe che finalmente mangiammo il gelato, coi Plasmon. E parlammo, tanto.
Quando parli così a lungo con una persona alla fine viene per forza fuori la parte migliore di te. Perché non hai più frasi fatte da social a cui aggrapparti, non hai più niente: solo te, in purezza. Non hai più difese o maschere, perché hai capito che non ti devi difendere o nascondere da nessuno.
Alle 5 di notte, ormai stanchissimi, le dissi: “Ti posso riaccompagnare a casa domani mattina?”. Accettò.
Le preparai il letto, le diedi uno spazzolino e una t-shirt per dormire.
Io andai sul mio divano, che dopo l’essere Juventini onesti è una delle cose più scomode al mondo.
La mattina dopo la vidi apparire dalla mia camera, mentre lavavo le ciotole del gelato. Io sorrisi, lei sorrise. Non parlammo.
Non perché avevamo finito gli argomenti o non avevamo ancora preso un caffè come dice il meme di quelli che usano la scusa della poca caffeina per giustificare la loro maleducazione, semplicemente le parole non servivano.
Quel giorno ero felice, e, per citare il primo comandamento di Instagram, ci stavo facendo caso. Oltretutto senza aver viaggiato in posti tropicali, ma stando nel mio bilocale di Mozzo.
Non è mai successo niente di fisico tra noi, ma ho guadagnato una persona meravigliosa nella mia vita. Ecco perché è stata la più bella friendzone della mia vita.
Non c’è neanche una foto in cui io e lei siamo assieme. Mi viene in mente la canzone di Costa.
Mi pare bello citarla oggi, perché rappresenta bene quel momento della mia vita e per omaggiare una persona che ha cambiato il mondo della musica, e ci ha lasciati troppo presto.
“Non ho nemmeno una foto con te, che non me ne è mai fregato niente delle foto, ma adesso ne vorrei una per ricordarmi che la felicità non è una truffa.“
Tu hai mai avuto una friendzone di cui sei felice? Dimmelo nei commenti.
Yuri says:
Onestamente non ho capito come tutto questo racconto possa essersi trasformarmato in una “friendzone”. Tra l’altro la si può chiamare tale, se poi non vi siete più frequentati?
Mi è capitata una situazione vagamente simile, ma abbiamo dormito nello stesso letto e la mattina dopo abbiamo fatto sesso. Nei casi in cui non è andata, l’incontro era già finito dopo l’aperitivo, o la bottiglia di vino… o anche prima.
Detto questo, se ti ha arricchito l’esperienza, sono felice per te 🙂