I miei 15 minuti di popolarità

I miei 15 minuti di popolarità

Tempo di Lettura: 4 minuti

Dispetto #41 – Andare in tv

E cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero? Cantava nella sua Lotta Armata da Bar il buon Vasco Brondi.
Ci ho pensato anche io, ai figli che non avrò e quindi neanche i nipoti. Mai dire mai, ovviamente, ma ad oggi non ci sono. Eppure a teng na cosa a dicer. – se non l’hai capita ecco la spiegazione.
Nel 2001 o forse già 2002 ho avuto i miei 15 minuti di popolarità. Su Italia1. In quel programma tv che nessuno ricorda, L’assemblea. Conduceva Ambra.

La tv mi ha regalato i miei 15 minuti di popolarità

L’estate del 2001 fu parecchio strana.
Tra il G8 e le Torri Gemelle. Carlo Giuliani e Osama Bin Laden. Tra JFK e Charles de Gaulle
Non riuscivo più a distinguere i buoni e i cattivi.
Forse non ci pensavo nemmeno, per questo mi sentivo grande.
Pensavo di essere ragazzo maturo perché a scuola avevo avuto 10 in condotta.
Un mio carissimo amico se ne era andato in maniera baldorda. Forse quel male mi faceva sentire grande.
Mi credevo oggettivamente più di quello che ero, forse qualcuno mi avrebbe dovuto dire “Amico anche meno” – mi sono appena citato provando a dire di essere umile. Coerenza.

Un giorno ero a casa e vedo passare una pubblicità. Diceva qualcosa tipo “Hai tra i 15 e i 18 anni? Senti di essere diverso dagli altri? Chiama allo 02….”. Pensai che quel ragazzo fossi io.
Corsi al telefono, chiamai, lasciai il numero in segreteria. Quello di casa.
Poco dopo venni richiamato per un provino. Nella mia testa ero già conduttore del festival di Sanremo.

Era il periodo in cui uno ogni tanto ti diceva “Sai ieri mi hanno inquadrato mentre intervistavano Sabrina Salerno per strada e Paolini era dietro con i preservativi in mano, io passavo di lì”
Oggi un’esperienza televisiva del genere basterebbe per poter fare l’isola dei famosi, all’epoca a me faceva molto ridere.
Per dire di essere in tv dovevi essere lì, parlare, dire qualcosa, su una rete nazionale. CurnoTV International non vale.

Io invece sarei dovuto andare negli studi Mediaset, dire il mio nome in portineria, essere su una lista. Arrivare nell’ufficio casting.
I miei 15 minuti di popolarità me li volevo godere tutti, dall’ingresso sino ad arrivare alla porta dei casting.
Da lì in poi un drastico ritorno alla realtà. C’è solo una categoria di persone che tratta il proprio lavoro peggio degli autisti BRT con i pacchi in consegna, è l’addetto casting.
Giorni a guardare persone normali convinte di essere speciali, li capisco ora, all’epoca avevo 16 anni e ero certo di essere speciale in mezzo alla banalità. Non era così, ma fui preso lo stesso.

Per andare a registrare il programma dovevo uscire prima da scuola. Sulla giustifica scrissi: Motivi personali. La vicepreside mi aspettò perché voleva sapere i miei motivi. Davanti a mio padre non voleva darmi l’autorizzazione per uscire.
Sino a quando non dissi: “Devo partecipare ad un programma tv”. Lei mi guardò con aria desolata, mio padre la guardava come a dire: “Io ci ho provato a crescerlo sano”. Io andavo incontro al mio futuro, pronto a diventare qualcuno. Altro che “Mi hanno inquadrato mentre ero di spalle durante la finale del festivalbar”.

Il format prevedeva che 100 ragazzi discutessero in una sorta di Parlamento su argomenti d’attualità.
Ambra conduceva maledicendo il suo agente e alla fine si votava. Pro o contro.
Ricordo che il primo argomento facile facile fu: “Siete favorevoli o contrari all’ergastolo per Erika e Omar“.

Il secondo argomento, che mi fece un po’ storcere il naso, fu “Siete favorevoli o contrari alla legge sull’aborto?”. Mentre eravamo nel salone prima di andare in studio uno degli autori ci disse che “Durante i provini la metà di voi si è detta contraria all’aborto, quindi lo sarete anche alla legge”.
Insomma io non la pensavo così, infatti, all’epoca, non ero a favore dell’aborto ma neanche contrario alla legge. Mi sentivo spaesato. Quindi semplicemente mi misi a sedere un po’ a caso e alla fine votai come astenuto.

La prima volta che ebbi i miei 15 minuti di popolarità fu sulla legalizzazione della prostituzione. Dissi una cosa obbrobriosa tipo: “Una che te la da la trovi, cosa ci vai a fare a puttane”. Non una delle cose più intelligenti uscite dalla mia bocca. Nonostante tutto quella settimana alla pensilina in attesa del bus una ragazza mi chiese l’autografo.
Io timidamente dissi non so cosa se ne sarebbe potuta fare del mio autografo, se avesse voluto le avrei lasciato il mio numero di telefono. Lei volle la mia firma.

In quei mesi vidi Vittorio Sgarbi litigare furiosamente con un gruppo di adolescenti. Solo perché un ragazzo ebbe l’ardire di dire: “Quello è tuo amico, Sgarbi lo conosci da un’ora”.
Il nostro Vittorio urlò cose in faccia di cui ricordo “Tu lei la conosci da sei mesi e non te l’ha mai data- indicando una bellissima ragazza – io tra dieci minuti se voglio ci vado in Motel”.

Vidi il mago Otelma, Maurizio Mosca dirci di essere tifoso della Roma, Eva Henger, Idris. Don Mazzi.
Prima di andare in studio incontravamo le letterine di Passaparola e noi giovani adolescenti ci scioglievamo come Neva al Sole – per citare il buon Pino.
Poi avevo conosciuto Vale, che era bellissima, se ne fregava di tutti. Un paio di puntate le passai a parlare solo con lei, non so cosa successe attorno a noi, non alzavo neanche la mano per provare a dire qualcosa. Esisteva solo lei.

Vivevo nel jetset, conoscevo lo showbiz dall’interno. Inspiegabilmente ero anche uno del primo gruppo, quello dei ragazzi che dovevano essere inquadrati di più. Mi montai inutilmente la testa. Ora lo posso dire.
Sfruttai malissimo questa possibilità.
Un giorno, mentre si parlava di legalizzazione delle droghe leggere e io – mi vergogno a dirlo – ero contrario. (Scusa Vale se leggerai queste righe, ho cambiato idea un paio di anni dopo, ora sono contento ci sia gente come te)
Per dire la mia opinione dissi la frase “Quando sei sballato il cervello ghe mia tant”.
“Ghe mia tant” tradotto dal bergamasco “non c’è tanto”.

Un secondo dopo che questa frase tuonò nelle case degli italiani in un sabato pomeriggio di inizio inverno 2001 il telefono di casa mia squillò. Era un mio cugino da Napoli a dire “Giuaaaaaaaaaaaaa vuliv dicer: nun ce stai c’a’ chiocc? E parl ‘talian” – Giovanni volevi dire “Essere fuori di testa?” parla italiano.
Mi presero in giro anche i miei amici madrelingua bergamaschi, ogni tanto qualcuno ancora me lo ricorda.

I miei 15 minuti di popolarità finirono così. Come Ceccarini che Bestemmia in Rai in una scena del Ciclone, e come nel Ciclone la popolarità mi vide e mi fece Piripi per andarsene, se mai fosse passata.
Un giorno arriverà di nuovo. Nel frattempo non mi disunisco – se non l’hai capita la spiegazione è sempre a riga tre.

Tu hai mai avuto i tuoi 15 minuti di popolarità? Raccontameli nei commenti.

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