avere un aumento

Posso avere un aumento?

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Dispetto #56 – Impegnarsi per niente

Una delle battute che faccio più spesso è: “Nella vita ho fatto più lavori della Barbie”. Devo dire la verità, l’ho sentita dire tempo fa da Gue Pequeno – in uno dei rari momenti in cui non si stava masturbando su Instagram – o qualcuno tipo lui.
Nonostante la dubbia provenienza di questa frase, ammetto la sua autenticità. Io ho cambiato una marea di lavori. I motivi per farlo sono sempre stati tanti, uno dei quali è stato la mia incapacità di dire: “Posso avere un aumento?”

avere un aumento
come avere un aumento? Lavorando di più?

Uno dei più grossi errori fatti nella mia vita è pensare che tutto mi fosse dovuto. Quello che avrei voluto sarebbe arrivato per il semplice fatto di essere io.
Tipo avere dei soldi solo per il fatto di essere al mondo. Quando ho abbandonato questa idea si è iniziato a parlare di reddito di cittadinanza. In pratica il mio più grosso errore nella vita è diventata una delle proposte politiche di punta di questo paese.
Avrei dovuto fare il deputato nella vita.

Ogni tanto vorrei fosse tutto come per i calciatori di serie A. Guadagnano uno sproposito, ma soprattutto dopo poche partite giocate a buoni livelli, sono pronti a battere cassa.
Un’eterna richiesta ai loro presidenti di aumento di stipendio, adeguamenti alle prestazioni. Nessuno però che dice “Se faccio cagare mi dai di meno”.
Il trucco è questo, chiedere quando si è sulla cresta dell’onda e non aver lo sbattimento di continuare a dimostrare. (Chiuso lo spazio demagogia)

Come dicevo, l’idea che tutto mi fosse dovuto mi ha accompagnato per tanto tempo. A scuola me la sono sempre cavata senza dovermi impegnare, non ho mai mirato all’eccellenza e le cose sono sempre arrivate da sole. Non mi sono mai ucciso di studio. Semplicemente leggevo un po’, quanto bastava per arrivare alla sufficienza. Vivevo di Cortomuso, per dirla come Max Allegri.

Quando vidi che i soldi non arrivavano da soli decisi di cambiare per riuscire ad avere qualche spicciolo in più. Così dal primo lavoro, cambiai come raccontato qui.
Perché un mio caro amico mi disse la frase “Cambiare vuol dire crescere”. Mi sembrava una frase talmente vera da farne una filosofia di vita.
Il tutto sempre con l’idea che le porte mi si sarebbero dovute aprire solo perché io sono io.

È stato da McDonald’s che ho capito quanto sbagliassi, che avrei dovuto correre per ottenere qualcosa.
Era un posto strano, dove il capo ti diceva bravo. Dove le procedure erano chiare, c’era poca possibilità di inventiva, ma bisognava essere rigorosi. Mi sembrava tutto facile, faticoso ma facile..
In due anni feci quel poco di carriera che era possibile fare in quel ristorante, e di conseguenza piccoli aumenti di salario.

Dopo un paio di anni accettai di andare a lavorare per un corriere rosso. Mi ero illuso di avere la stessa possibilità di crescita e il sabato e domenica liberi. Il primo fine settimana svegliarmi la domenica subito dopo un sabato di riposo mi sembrò qualcosa di molto simile al paradiso.
MI approcciai al lavoro ALCorriereRosso in maniera vorace, dopo un mese ero già dal capo filiale a chiedere “Fatemi fare di più”.

Anche nei giorni in cui mi sentivo come Biascica io cercavo un motivo per essere sempre al massimo. Il lavoro mi piaceva e mi piacevano anche quasi tutti i miei colleghi.
Mi piaceva avere a che fare con i corrieri. Ci si mandava sonoramente a quel paese, ma quando si riusciva ad instaurare un rapporto fatto di rispetto reciproco diventava tutto in discesa.
I ragazzi vedevano in me una persona ragionevole, con cui si poteva parlare e fidare.
Deve essere per questo che poi ero invitato a grigliate, battesimi, cene etc etc.

Mi piaceva, sapevo cosa fare e come farlo al meglio.
In magazzino Lino aveva sempre qualcosa da mangiare. Agli altri chiedeva uno o due euro, a me invece regalava tutto. Gli stavo simpatico. Capitava spesso a fine turno di trovarsi a bere.
In questo clima da grandi amici mi trovavo da dio.
Avevo un contratto di due anni come apprendista, la promessa era che il rinnovo fosse dovuto solo alle mie capacità. Io non me ne curavo, mi sentivo a casa.

Quello che sapevo fare era tutto misurabile grazie alle statistiche. Io le controllavo in maniera ossessiva, perché dovevo farcela.
Adesso lo chiamerebbero monitoraggio dei KPI, per me era solo un controllo ossessivo compulsivo per darmi l’idea che sarei stato rinnovato perché i numeri parlavano in maniera inequivocabile.

Ero arrivato al punto di essere un aiuto al responsabile operativo.
Potevo finire alle 20.00 e iniziare alle 4.00 del mattino. Ero diventato il jolly che sapeva fare molto se non tutto.
Ero quello a cui i corrieri facevano i favori: “Puoi fermarti per favore da quel cliente totalmente fuori dal tuo giro?” “Puoi aspettare un’ora da quel ritiro?” tutte richieste che avevano risposta positiva.
I clienti erano soddisfatti, il conto economico era in positivo. Insomma, era arrivato il momento di dire: “Capo, posso avere un aumento?”

Andai a chiedere due soldi in più un mese prima della scadenza del mio contratto. Mi era stato detto di stare tranquillo, al 99,99% io sarei stato rinnovato. Forte di quel rinnovo certo dissi “Già che mi rinnovate, perché non mi date anche un aumento, forse 1.000€ al mese sono pochi per quello che faccio, non dite?”.
0,01% è veramente una percentuale bassissima. Non avere un rinnovo di contratto era praticamente impossibile. Come si dice in “Generazione 1000 euro” – pensa il caso – che le cose impossibili accadano, è praticamente sicuro.

Così il mio rinnovo praticamente certo, divenne impossibile per via dei numeri.
Purtroppo non c’erano i numeri per tenermi, sarebbe stato il caso di restare a casa due settimane e poi forse essere riassunto per altri 6 mesi.
Mi feci una grassa risata. Me ne andai in quel momento. Nel parcheggio il capo area mi disse “Il fatto che tu vada via dimostra che perdiamo uno con le palle” io risposi “Si vede che vi meritate gli stronzi come te”.
Non è vero, l’ho solo pensato, fu l’ultimo pensiero prima di ripetermi “E adesso che cazzo faccio?”.

C’è solo una cosa di cui andai fiero in quel momento. Di aver messo la mia dignità davanti ai soldi. In quel momento, senza averci pensato, senza farne una questione di ideologia scelsi di potermi guardare allo specchio.
Perché se vero che McDonald’s era tutto ciò contro cui avevo combattuto da adolescente, non ha mai messo in discussione la mia dignità di persona.
Deve essere per questo che ogni volta in cui ascolto Sesto San Giovanni della Gang mi commuovo.

Lavora con lentezza.
È il mio augurio per te. Questo il mio regalo.

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